Diritto al compenso del professionista: per la Cassazione è sufficiente che ci sia conferimento dell’incarico in qualsiasi forma idonea a manifestare inequivocabilmente la volontà di avvalersi dell’attività e dell’opera da parte del cliente
Il diritto al compenso è provato anche da una normale mail. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione, che nella sentenza 1792/2017 del 24 gennaio ha asserito che è sufficiente, a comprovarlo, il conferimento dell’incarico relativo “in qualsiasi forma idonea a manifestare inequivocabilmente la volontà di avvalersi della sua attività e della sua opera da parte del cliente”.
I giudici supremi hanno così accolto il ricorso di un ingegnere che, per dimostrare l’avvenuto conferimento, aveva prodotto due fax ed una mail inviate dalla ditta che chiedeva una consulenza professionale.
Per la Cassazione “la prova dell’avvenuto conferimento dell’incarico, quando il diritto al compenso sia dal convenuto contestato sotto il profilo della mancata instaurazione di un siffatto rapporto, può essere data dall’attore con ogni mezzo istruttorio, anche per presunzioni, mentre compete al giudice di merito valutare se, nel caso concreto, questa prova possa o meno ritenersi fornita, sottraendosi il risultato del relativo accertamento, se adeguatamente e coerentemente motivato, al sindacato di legittimità”.
Anche lo scambio di corrispondenza via fax o email con un professionista può, quindi, dimostrare il conferimento dell’incarico professionale. Di conseguenza, il professionista ha diritto ad esigere il compenso e qualora il cliente ne contestasse l’assenza di un incarico, è possibile dimostrarne il conferimento con ogni mezzo di prova.