IIl Tar Lazio: progettazione e direzione lavori per la realizzazione di una strada spettano all’ingegnere, anche se questa interessa un bene storico vincolato
La sentenza n. 13057/2024 del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio è recentemente ritornata sulle competenze degli architetti e degli ingegneri nella direzione dei lavori, rispondendo ad una controversia che ha coinvolto una procedura di affidamento per la gestione di interventi stradali.
Una società non aggiudicataria del bando di gara contestava in ricorso al Tar la procedura di aggiudicazione, che riguardava l’assunzione di servizi tecnici di progettazione, coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione e direzione lavori per la realizzazione di interventi stradali. La controversia nasceva dalla scelta della stazione appaltante di affidare i lavori ad una società che nell’offerta di gara aveva indicato un ingegnere come direttore dei lavori, anziché ad un architetto, come richiesto dalla lex specialis di gara.
I ricorrenti principali impugnavano il provvedimento di aggiudicazione e la conferma dell’offerta tecnica dell’aggiudicatario, per violazione dell’art. 52 del Regio Decreto del 1925 sul regolamento per le professioni d’ingegnere e di architetto.
Per maggior precisione occorre dire che la stazione appaltante aveva ritenuto di indicare un architetto nella direzione dei lavori della strada poiché le lavorazioni oggetto di progettazione avrebbero potuto insistere su beni soggetti ai vincoli di cui al Codice dei beni culturali e del paesaggio.
In sintesi sarebbe stata sbagliata l’indicazione del bando di gara che individuava un architetto come direttore dei lavori per la costruzione di una strada, ma al contempo l’impresa aggiudicataria dei lavori aveva indicato la figura d’ingegnere (anche se di per sé giustamente per la tipologia dei lavori) quando invece il bando richiedeva (anche se erroneamente) un architetto.
Tar Lazio: tutte le progettazioni tecniche che non sono relative all’edilizia civile sono di competenza degli ingegneri
I giudici sottolineano che l’oggetto principale della procedura di affidamento si riferisce ad opere viarie non strettamente connesse con i singoli fabbricati, sicché tali interventi non possono dirsi riservati alla competenza degli architetti, quanto, piuttosto ascritte alla riserva di competenza degli ingegneri ai sensi dell’art. 51 del r.d. n. 2537/1925 (Regolamento per le professioni d’ingegnere e di architetto), secondo cui:
Sono di spettanza della professione d’ingegnere, il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonché in generale alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo.
Viceversa, l’art. 52 del r.d. n. 2537/1925 riserva alla professione di architetto solo le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico, il restauro ed il ripristino degli edifici contemplati dalla l. 20 giugno 1909, n. 364, per l’antichità e le belle arti, precisando, comunque, che la parte tecnica può essere compiuta tanto dall’architetto quanto dall’ingegnere.
Pertanto, precisa il Tar:
tutte le progettazioni tecniche che non attengono all’edilizia civile rientrano nell’ambito delle competenze dei soli ingegneri, mentre la progettazione attinente all’edilizia civile può essere svolta anche dagli architetti, oltre che dagli ingegneri (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 30 luglio 2019, n. 4169).
In argomento, è consolidato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la progettazione delle opere viarie che, come nel caso in esame, non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, è di pertinenza degli ingegneri, in base all’interpretazione letterale, sistematica e teleologica degli art. 51, 52 e 54, r.d. 23 ottobre 1925, n. 2537, in quanto le ridette previsioni regolamentari sono espressamente mantenute in vigore dall’art. 1, d.P.R. n. 328 del 5 giugno 2001, oltre che dagli art. 16 (per gli architetti) e 46, comma 2 (per gli ingegneri iscritti alla sezione A), di cui allo stesso d.P.R. (si veda, sul punto, Cons. Stato Sez. V, 11 febbraio 2021, n.1255 che richiama: Cons. Stato, sez. V, 15 dicembre 2020, n. 8027; id., sez. V, 17 luglio 2019, n. 5012).
A conferma del suddetto riparto di competenze interviene, peraltro, l’art. 54 del r.d. n. 2537/1925 laddove precisa ulteriormente che le competenze dell’Architetto sono espressamente escluse “per le applicazioni industriali e della fisica, nonché i lavori relativi alle vie, ai mezzi di comunicazione e di trasporto e alle opere idrauliche“.
Ne consegue che il ricorso va accolto in riferimento esclusivo all’illegittima disapplicazione dell’art. 3 del Capitolato che, viceversa, avrebbe dovuto essere modificato in autotutela in conformità alle prescrizioni del R.D. 2537/1925.
I giudici concludono e precisano che l’eventualità che le lavorazioni oggetto di progettazione possano insistere su beni soggetti ai vincoli di cui al D.Lgs. 42/2004 o di “rilevante interesse artistico”, legittima, semmai, ai sensi del combinato disposto degli art. 51 e 52 del r.d. n. 2537/1925, l’ulteriore supporto di un architetto, figura professionale che era comunque presente nell’offerta tecnica dell’aggiudicataria.
Atticolo tratto da Biblus acca