Contratti pubblici: c’è equo compenso se i corrispettivi a base di gara sono determinati secondo il decreto parametri (dm 17 giugno 2016)
Il CNI ha elaborato un documento che esamina i contenuti delle disposizioni in merito all’equo compenso, decreto parametri e, nel dettaglio, i contratti con la Pubblica Amministrazione.
In particolare, il documento fa il punto della situazione su:
•ambito di applicazione della disciplina normativa in tema di equo compenso
•estensione a tutte le professioni del principio dell’equo compenso
•estensione del principio dell’equo compenso ai contratti negoziati dalla PA
Equo compenso, il quadro normativo
L’equo compenso è stato introdotto dal “decreto fiscale” (legge 172/2017), estendendo a tutte le professioni (ordinistiche e non) ed alla PA le disposizioni contenute nella legge 247/2012 (ordinamento professionale dell’avvocato); a “subirle” sono invece le Pubbliche Amministrazioni, le imprese assicurative e bancarie e gli operatori economici non riconducibili alla categoria delle micro imprese e delle piccole e medie imprese (Pmi).
La legge di Bilancio 2018 (legge 205/2017) ha poi rafforzato il concetto dell’equo compenso, stabilendo che deve essere conforme al decreto parametri (dm 17 giugno 2016); viene, quindi, sostituita la formulazione introdotta dal decreto fiscale (legge 172/2017) in base al quale il compenso, per essere equo, avrebbe dovuto essere determinato tenuto conto dei parametri. La legge, inoltre, considera “vessatori” tutti i contratti che si discostano da questo principio per la determinazione dei compensi dei professionisti ed elimina la possibilità che le parti si accordino su clausole potenzialmente vessatorie.
Equo compenso nei contratti pubblici
Nel documento in esame il CNI ha chiarito che, in base al decreto fiscale, la PA deve garantire il principio dell’equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione degli incarichi conferiti.
Il richiamo al principio dell’equo compenso assume un ruolo particolarmente importante nei contratti pubblici, dove la concorrenza si materializza anche attraverso la pratica del ribasso sul prezzo posto a base d’asta.
Secondo il CNI, c’è equo compenso se i corrispettivi a base di gara sono determinati ai sensi del decreto parametri (dm del 17 giugno 2016) che, da una parte attua il Codice Appalti (dlgs 50/2016) e dall’altra rinnova e ripropone i contenuti del dm 143/2013, approvato dopo l’abolizione delle tariffe minime con la Riforma delle professioni (dl 1/2012).
In particolare precisa che:
nel caso di affidamento dei servizi di ingegneria ed architettura, corollario al richiamato “principio” dell’equo compenso, è certamente l’applicazione del DM 17/06/2016 (cd. Decreto Parametri BIS) che consente la determinazione di un corrispettivo, da porre a base d’asta, proporzionato alla qualità e quantità della prestazione resa e al contempo rispettoso delle esigenze pubblicistiche. L’equilibrio contrattuale dovrà essere, poi, ricercato di volta in volta sulla base delle peculiarità del caso specifico ed alla luce del confronto competitivo; fermo restando (appare quasi superfluo sottolinearlo) l’intrinseca contraddittorietà, con il principio di equità del corrispettivo, dei casi in cui le offerte siano oggettivamente non eque rispetto alla complessità della prestazione, siano meramente simboliche oppure, infine, sia disposta l’erogazione a titolo gratuito della prestazione (principale ovvero accessoria).
In definitiva, nei contratti pubblici è fondamentale parlare di principio dell’equo compenso (ottenuto applicando il dm 17 giugno 2016) e non di disposizioni sull’equo compenso (legge 247/2012, che regola i compensi nelle prestazioni tra privati).
Anche in caso di contenzioso, conclude il CNI, per verificare l’equità del compenso, il Tribunale dovrà confrontare la difformità o meno del corrispettivo rispetto ai parametri del decreto paramentri.