Compenso professionale e revoca dell’incarico: per la Cassazione nel privato i minimi tariffari sono inderogabili e la maggiorazione del 25% va sempre riconosciuto
Il compenso professionale di un architetto o di un ingegnere non subisce sconti in caso di sospensione dell’incarico se dovuta a cause a lui non imputabili; gli spetta, inoltre, il risarcimento dei maggiori danni, ossia la maggiorazione del 25% prevista dal dm 143/1949.
Questo quanto si evince dall’importante pronuncia n. 451/2020 della Corte di Cassazione in cui vengono stabiliti una serie di principi validi in maniera generale, a cui attenersi nel caso di controversie relative ai compensi di architetti e ingegneri che lavorano in campo privato.
La vicenda
Un architetto veniva incaricato della progettazione di un piano di lottizzazione per insediamenti produttivi; incarico successivamente revocato a causa del cambio delle norme urbanistiche comunali.
Dal momento che il piano di lottizzazione non avrebbe potuto avere seguito a causa del cambio del piano urbanistico, il committente aveva revocato l’incarico al progettista che, nel frattempo, aveva già depositato il progetto presso i competenti uffici comunali (e precisamente solo due giorni dopo l’entrata in vigore delle nuove norme urbanistiche).
Il progetto non veniva, quindi, approvato in quanto non conforme alle nuove norme vigenti e nasceva così un contenzioso tra il progettista, che pretendeva il pagamento per le prestazioni svolte e per quelle sospese, e le società committenti, che lamentavano l’inadempimento e la non conformità del progetto.
La Corte d’Appello di Firenze, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, accoglieva parzialmente il ricorso presentato dal professionista, riducendo le competenze professionali ad esso spettanti secondo i minimi tariffari in ragione dell’impossibilità di realizzazione del progetto di lottizzazione.
La Corte riconosceva una riduzione del 30% del compenso richiesto dall’architetto in virtù dell’impossibilità di realizzazione del progetto di lottizzazione. Escludeva, inoltre, il riconoscimento dell’aumento del 25% richiesto dal progettista in applicazione del dm 143/2019 per le prestazioni sospese, “consistenti nella progettazione esecutiva e nella direzione dei lavori, in quanto si trattava di prestazioni che non erano state svolte dal professionista e non potevano essere svolte, in quanto il progetto non era conforme allo strumento urbanistico vigente“.
Decisione della Cassazione
La decisione dei giudici di appello sul compenso professionale viene completamente ribaltata dai giudici della Corte di Cassazione.
Gli ermellini hanno ribadito che nel privato i minimi tariffari sono sempre inderogabili e che la maggiorazione del 25% va sempre riconosciuta al progettista, indipendentemente dalla causa relativa al mancato completamento dell’incarico.
La Corte delinea, innanzitutto, il confine tra incarichi pubblici e privati: i compensi per le prestazioni professionali degli ingegneri ed architetti rese allo Stato e agli altri enti pubblici possono essere concordati (dl. n. 65 del 1989, ex art. 4, comma 12 bis) in misura ridotta rispetto ai minimi tariffari; nei rapporti tra privati, invece, l’onorario di architetti e ingegneri previsto dal dm 143/1949 non può subire sconti.
Il caso in esame tratta un rapporto contrattuale tra privati e, pertanto, è illegittimo il taglio del 30% rispetto ai minimi tariffari.
Per quanto riguarda, infine, la maggiorazione del 25% (indennità riconosciuta a ingegneri e architetti proprio per compensare il caso in cui non si riesca a realizzare il progetto ai sensi della legge n. 143/1949) è un principio che trova applicazione anche nell’ipotesi di recesso del committente.
La maggiorazione è dovuta, quindi, indipendentemente dallo svolgimento dell’attività, qualora il progetto e la direzione dei lavori, fossero previsti nell’incarico ed indipendentemente dai motivi della sospensione, trattandosi di obbligazione di natura indennitaria.