Cassazione: cortile o semplice spazio aperto, le distanze legali tra fabbricati vanno sempre rispettate. Niente deroghe di norme secondarie
Che sia uno generico spazio aperto tra fabbricati o un vero e proprio cortile, indipendentemente dalla funzione assegnata e dalle dimensioni, per tali spazi aperti vale sempre il rispetto delle regole sulle distanze legali tra edifici. Queste ultime non sono derogabili da regolamenti locali e da norme secondarie. Lo afferma l’ordinanza 4025/2023 della Corte di Cassazione.
Quanti metri ci devono essere tra una casa e l’altra?
Ricordiamo che le distanze tra fabbricati sono regolate dagli art. 873, 874, 875 e 877 del Codice civile e dal dm 1444/68.
In particolare, l’art. 873 “Distanze nelle costruzioni” del Codice civile chiarisce che:
le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri.
I fabbricati, quindi, se non sono costruiti in aderenza sul confine devono rispettare la distanza di tre metri l’uno dall’altro.
Per quel che attiene la distanza tra pareti finestrate di edifici antistanti il dm 1444/68 all’art. 9 “Limiti di distanza tra i fabbricati” co.1 lettera 2), ad eccezione dei centri storici, si ha che:
Nuovi edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti
e cioè per la costruzione di nuovi edifici, ma anche solo per l’aggiunta di nuovi volumi a costruzioni già esistenti, la distanza da osservare con l’edificio antistante è inderogabilmente di 10 m.
Ed è proprio su quest’ultima norma che è incentrato il caso discusso dalla Corte di Cassazione che analizzeremo tra poco, ma non prima di ricordarti che l’inserimento di un progetto in un contesto reale non è operazione facile data la quantità di norme e regolamenti da rispettare, tra cui appunto le distanze legali tra edifici.
Intercapedine o cortile? Fa differenza per il rispetto delle distanze tra fabbricati?
Un privato chiedeva in tribunale l’arretramento del fabbricato realizzato dai suoi vicini in quanto posto a distanza inferiore a quella legale rispetto al fabbricato confinante di sua proprietà.
Il tribunale accoglieva la domanda, concludendo, sulla scorta di una CTU, che lo spazio presente tra i due fabbricati andava qualificato come mera intercapedine e quindi assoggettata al rispetto delle distanze legali tra edifici (10 m).
I vicini convenuti in giudizio, sostenendo che si trattasse invece di un cortile, ne rivendicavano il suo assoggettamento al regolamento edilizio locale che nel caso di un cortile fissava distanze inferiori (8 m) rispetto ad ogni finestra prospiciente.
La questione arrivava in Corte d’Appello che ribaltava il giudizio del tribunale dando ragione ai vicini.
Il privato non demordeva e si appellava al giudizio della Cassazione in quanto lamentava, tra l’altro e nell’ipotesi si fosse trattato davvero di un cortile, che la disciplina dettata dal regolamento edilizio locale per i cortili non avrebbe potuto comportare la disapplicazione della normativa nazionale in materia di distanze, operando inderogabilmente tale ultima disciplina in relazione a qualunque spazio intermedio esistente tra edifici.
La decisione della Corte di Cassazione sulle distanze non derogabili tra fabbricati prospicenti generici spazi aperti o veri e propri cortili
Gli ermellini ribadiscono, secondo un consolidato orientamento, che le norme sulle distanze tra edifici (dm 1444/68), integrative di quelle contenute nel codice civile, devono essere applicate indipendentemente dalla destinazione o qualificazione dello spazio intermedio risultante tra gli edifici e non trovano deroga con riguardo alle prescrizioni sulle dimensioni dei cortili secondo le previsioni del Regolamento edilizio del Comune:
Le norme sulle distanze tra le costruzioni contenute nel codice civile nonché quelle, più restrittive, che integrano le prime devono essere applicate indipendentemente dalla destinazione dello spazio intermedio esistente tra edifici e non trovano deroga con riguardo alle prescrizioni sulle dimensioni dei cortili, le quali, siccome rivolte alla disciplina dei rapporti planovolumetrici tra le costruzioni e gli spazi liberi adiacenti, prescindendo dall’appartenenza di essi ad un unico o a più proprietari, non costituiscono norme integrative di quelle codicistiche in materia di distanze tra costruzioni e non possono escludere l’applicazione delle norme specificatamente dirette alla disciplina di tali distanze.
Infatti essi specificano che, in ogni caso, che si tratti di un generico spazio aperto o di un cortile, nessuno dei due casi escluderebbe la possibilità di creare intercapedini dannose fra gli edifici che su di essi insistono.
La decisione della Corte territoriale risulta, quindi, del tutto divergente rispetto a questi principi, in quanto ha ritenuto che le previsioni del Regolamento edilizio del Comune in materia di cortili fossero idonee ad integrare una deroga alle previsioni codicistiche – nonché alle previsioni integrative di queste ultime – in tema di distanze tra fabbricati.
Il ricorso è, quindi, accolto.
Allegato: https://biblus.acca.it/download/dm-144468-pdf/